Sanità privata in Italia: il ritorno lento dopo il Covid
notizia

2025-01-18 18:02:48
Secondo l’aggiornamento pubblicato dall’
Area Studi Mediobanca
, nel 2023 i principali 34 operatori sanitari privati italiani, con fatturato individuale superiore ai 100 milioni di euro, hanno generato ricavi complessivi per 12 miliardi. Un incremento del 5,7% rispetto al 2022 e del 15,5% rispetto al 2019, anno pre-pandemico. Tuttavia, questi progressi arrivano dopo una dinamica altalenante: -6,6% nel 2020, +13,8% nel 2021 e +2,6% nel 2022.
Sanità privata: redditività in ripresa, ma ancora sotto i livelli pre-pandemia
La diagnostica ha guidato la crescita, con un +19,4% rispetto al 2019, seguita da RSA e ospedali (+15,1% ciascuno). Più contenuto l’aumento nella riabilitazione, che segna un +5,7% sul 2019. Le RSA stanno beneficiando di una maggiore occupazione dei posti letto e di nuove aperture, ma resta evidente il divario con la capacità ricettiva di altri Paesi europei.
Dopo un 2022 difficile, il
margine operativo netto
è cresciuto nel 2023 del 96% su base annua. L’Ebit margin è così salito al 3,7%, rispetto al 2,0% dell’anno precedente, ma resta distante dal 5,4% registrato nel 2019. L’inflazione e i costi ancora legati all’emergenza sanitaria continuano a comprimere i margini, specie nei settori a bassa marginalità.
Nel dettaglio, la diagnostica registra il miglior margine (11%), seguita dall’assistenza agli anziani (6,4%). Più bassi, ma in ripresa rispetto al 2022, i margini di ospedali e centri di riabilitazione. Tuttavia, nella diagnostica il margine è in calo per il secondo anno consecutivo, penalizzato dal crollo dei tamponi Covid ad alta marginalità e dal ritorno a servizi poliambulatoriali meno redditizi.
Ritorno all’utile e solidità patrimoniale
Il bilancio complessivo dei 34 operatori è tornato in utile per 39,8 milioni di euro, dopo la perdita del 2022. Il ROE aggregato è salito allo 0,8% (contro il -0,1% del 2022), ma resta ben lontano dal 6,1% del 2019.
A livello individuale, si distinguono per performance economiche Humanitas, Pro.Med, Salus e GHC nell’ospedaliero, Synlab e Affidea nella diagnostica, S.O. Holding nell’assistenza agli anziani. Affidea primeggia anche per margine operativo (Ebit margin al 16,4%), seguita da La Villa e Synlab (12,2%), Bianalisi (10,9%), GHC (10,8%) e S.O. Holding (10,1%).
La struttura patrimoniale complessiva è solida, con debiti finanziari pari al 112,2% dei mezzi propri (erano il 103,6% nel 2022). Tra i gruppi più virtuosi per rapporto debito/capitale proprio ci sono IEO, Auxologico Italiano, Istituto Don Calabria, Humanitas e Policlinico di Monza.
Chi è leader per fatturato e diffusione territoriale
Il gruppo con il fatturato più alto nel 2023 è Papiniano, holding del Gruppo San Donato e dell’Ospedale San Raffaele, con 1.835 milioni di euro. Seguono Humanitas (1.188 milioni), Policlinico Gemelli (917 milioni), GVM – Gruppo Villa Maria (897 milioni) e KOS (752 milioni).
Alcuni gruppi hanno una presenza capillare in Italia: KOS, Segesta, S.O. Holding e Don Gnocchi operano in almeno nove regioni. Tra gli ospedalieri, GVM è attivo in dieci regioni e GHC in otto. Papiniano e Humanitas restano fortemente concentrati in Lombardia, ma operano anche in Emilia-Romagna, Piemonte e Sicilia.
Otto operatori gestiscono strutture anche all’estero, ma solo GVM e KOS hanno una presenza significativa. GVM ha 14 presidi internazionali che generano il 14,1% dei ricavi, mentre KOS conta su 52 RSA in Germania che contribuiscono al 29% del fatturato. Papiniano ha avviato un’espansione in Polonia e Iraq.
Un nodo critico resta il personale. Dopo la pandemia, la ripresa dell’attività ordinaria è stata ostacolata dalla fuga di professionisti verso il pubblico. Dal 2019 il personale è aumentato del 12,6%, superando le 92.000 unità, ma molte strutture fanno largo uso di liberi professionisti: GVM e GHC arrivano rispettivamente al 56% e al 49,4% del totale.
Il
costo medio del lavoro nel 2023
è stato di 42.900 euro pro-capite, con punte di 47.600 euro per l’assistenza ospedaliera e minimi di 33.200 per la long term care. Livelli considerati insufficienti a trattenere i professionisti in Italia, dove le retribuzioni dei medici e infermieri sono nettamente inferiori rispetto ai Paesi europei con i salari più alti, come Germania, Paesi Bassi e Belgio.
