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Scena strana a Wimbledon: giocatrice costretta a sollevare la gonna durante il match

sport

2025-04-02 01:11:15

A Wimbledon, l’eleganza è una tradizione. Tranne che tra il tè delle cinque e le fragole con panna, alcune regole sono rimaste congelate in un’epoca che credevamo finita. Questo fine settimana, sui prati dell’All England Lawn Tennis Club si è svolta una scena davvero strabiliante. Nel bel mezzo del riscaldamento, a Jelena Ostapenko, una delle giocatrici più sgargianti del tour, l’arbitro ha intimato… di alzarsi la gonna.

L’arbitro che "guarda sotto le gonne"

L’incidente è avvenuto durante un allenamento di doppio con la sua compagna Hsieh Su-wei. Mentre le due donne si preparavano a colpire la palla, Jamie Crowson, arbitro della partita e garante del sacrosanto dress code bianco di Wimbledon, si è avvicinato. Il suo occhio d’aquila ha evidentemente notato un dettaglio "insolito": i pantaloncini di Jelena non erano bianchi, ma verdi. E a Wimbledon, sono bianchi, solo bianchi.

L’ironia? Jelena Ostapenko non stava affatto infrangendo le regole. Dal 2023, un gradito aggiornamento del regolamento consente ora alle giocatrici di indossare biancheria intima colorata durante il ciclo mestruale, purché non si veda attraverso gli abiti. Un passo avanti per il benessere e il benessere mentale delle atlete, dopo oltre un secolo di ignoranza. A quanto pare, il signor Crowson non aveva letto le nuove regole, o aveva scelto di ignorarle…


Quando il decoro diventa intrusione

E così, nel 2025, una donna professionista, in profonda concentrazione prima di una partita, si ritrova costretta ad alzarsi la gonna per "verificare il colore dei suoi pantaloncini da ciclista". Immaginate per un attimo lo scenario opposto: un giocatore costretto ad abbassarsi i pantaloncini per controllare la tonalità della sua biancheria intima. È ridicolo, vero? Eppure, in questo caso specifico, nessuno sembra aver trovato nulla da ridire.

La cosa più inquietante di questa vicenda è il palese squilibrio nel trattamento tra uomini e donne in campo. Un giocatore non subirebbe mai una simile umiliazione pubblica. Non vedremmo mai un Novak Djokovic a cui viene chiesto di chinarsi sulla linea di fondo per un’ispezione dell’abbigliamento. Perché? Perché è un uomo. Mentre le donne, anche quelle classificate tra le migliori al mondo, devono comunque giustificare ciò che indossano sotto i vestiti.

Una regola per le donne, fatta rispettare dagli uomini

Questo incidente, al tempo stesso comico e profondamente imbarazzante, mette in luce un problema più ampio: come alcuni uomini, anche inconsciamente, usino la loro posizione di autorità per esercitare un controllo sul corpo delle donne. Jamie Crowson potrebbe non aver avuto cattive intenzioni, ma il solo fatto che si sentisse in diritto di esigere un simile controllo è significativo.

Questo solleva una domanda fondamentale: perché dobbiamo ancora dimostrare che il corpo di una donna in movimento non è un oggetto da regolare fino alla biancheria intima? Le regole di un torneo come Wimbledon dovrebbero proteggere le giocatrici, non infantilizzarle.

Fortunatamente, Jelena Ostapenko non è una che si arrende. Con la sua leggendaria determinazione, ha giustamente protestato contro questa intrusione fuori luogo. Ha dimostrato di conoscere le regole meglio dell’arbitro stesso e, soprattutto, di non avere nulla di cui vergognarsi quando si trattava del suo corpo o della sua scelta di abbigliamento. Il risultato: una correzione rapida, un incontro controllato e la qualificazione ai quarti di finale con la sua partner.

Una vittoria che va oltre il punteggio

Al di là del punteggio e dell’aneddoto, questo episodio evidenzia l’urgente necessità di un cambiamento culturale nello sport professionistico. Non basta modificare le regole sulla carta. Devono anche essere comprese, rispettate e, soprattutto, applicate in modo intelligente ed equo.

Jelena Ostapenko, come tante atlete prima di lei, ha affrontato microaggressioni sotto le mentite spoglie della tradizione. Tuttavia, lo ha fatto con forza e senza scomporsi. Essere una campionessa significa proprio questo: esibirsi e affrontare l’assurdo.

Wimbledon, con tutto il rispetto per la sua storia, farebbe bene a garantire che i suoi arbitri non confondano più la tradizione con il dominio. Perché in definitiva, il vero chic oggi è lasciare che le donne giochino, senza chiedere loro di giustificare ciò che indossano, e tanto meno chi sono.

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