Btp-Bund Spread e il 3% che incanta Giorgetti e i mercati
Attività commerciale

2025-05-17 23:55:57
Il governo Meloni si avvia a staccare il
tagliando dei 1000 giorni
e sul fronte dei conti pubblici la bilancia pende a favore dell’operato dell’esecutivo. Ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è intervenuto al Senato escludendo la necessità di una manovra correttiva e lasciando aperta invece la porta a sorprese positive con deficit sotto il 3% già quest’anno.
Deficit sotto 3% già nel 2025? Giorgetti non lo esclude
“Per la prima volta non si parla di manovra correttiva: miracolosamente abbiamo fatto le previsioni giuste”, ha detto il ministro durante il question time al Senato. “Sulla base dei dati pubblicati dall’Istat il 30 giugno non vi è motivo di ritenere necessità di fare aggiustamenti di tali previsioni. Le cifre sono compatibili con un deficit al 3,3% nel 2025 e con il ritorno sotto il 3% nel 2026”.
In merito al rientro del deficit sotto la soglia del 3% già nel 2025, Giorgetti ha asserito: “
Dipende da come va il Pil
, da come vanno le spese, dipende da tutta una serie di cose. Dopodiché, se voi osservate bene, la filosofia di questo Ministero è ‘underpromise, overdeliver’, promettere meno, realizzare di più”.
Quello che è emerso negli ulti i due anni, come testimoniato dalla progressiva discesa dello spread, che viaggia sui minimi dal 2010 sotto quota 90 punti base (rispetto ai quasi 250 pb al momento dell’inseduamento del governo Meloni), è una traiettoria del debito pubblico italiano su binari più stabili rispetto al passato. Secondo un’analisi diffusa ieri dall’Investment Institute di UniCredit, il costo medio del debito — sia esistente che di nuova emissione — si sta attestando intorno al 3%. Ben lontano dal 5% circa a cui era balzato durante la crisi finanziaria del 2008 e la successiva crisi del debito dell’Eurozona.
Stabilità politica e crescita economica
Dopo il picco toccato nel 2023 — in scia al ciclo restrittivo della Bce avviato nell’estate 2022 — la dinamica dei tassi si è normalizzata. Nel primo trimestre del 2025, il tasso implicito si è attestato al 3%, un valore che riflette sia i tassi di interesse pagati sulle nuove emissioni sia quelli sui titoli già circolanti.
In parallelo, anche il costo delle nuove emissioni si sta muovendo nella giusta direzione. Il rendimento medio dei titoli governativi italiani di nuova emissione è sceso al 3,02% nel primo trimestre del 2025, e ulteriori dati più recenti indicano un ulteriore calo al 2,83% nel secondo trimestre. Questo trend contribuisce a contenere il rialzo del costo medio del debito complessivo, nonostante l’eredità dei rialzi passati.
Tornando al differenziale tra Btp e Bund, il report di UniCredit sottolinea la combinazione virtuosa di: stabilità politica, crescita economica moderata ma costante e riforme strutturali in attuazione nell’ambito del PNRR. Tutti segnali che contribuiscono a mantenere favorevole il differenziale tra tasso d’interesse e crescita. E proprio quest’ultimo — il famoso “d-r gap” — è uno degli indicatori più osservati per valutare la sostenibilità del debito.
In questo scenario, gli investitori internazionali appaiono più sereni nel giudicare la traiettoria del debito italiano, premiando il paese con tassi più contenuti e rendimenti in calo.
Cosa aspettarsi per i prossimi anni
Secondo il report,
la media del costo del debito difficilmente scenderà sotto l’attuale soglia del 3%, soprattutto considerando che la durata media dei titoli in circolazione è di oltre 7 anni.
In altre parole, gran parte del debito riflette ancora le emissioni a basso tasso del periodo 2014-2022, e le nuove emissioni — seppur in calo — avvengono a rendimenti più elevati.
Tuttavia, il fatto che i tassi non stiano più salendo e che il costo all’emissione sia in discesa è considerato molto positivo. In più, il governo prevede una riduzione del deficit dal 3,5% al 3% del PIL entro il 2026, mentre
già nel 2025 si stima un avanzo primario prossimo all’1% del Pil.
Non mancano i rischi
Il quadro, seppur positivo, resta condizionato da fattori esogeni. L’analisi UniCredit avverte che uno shock esterno o un’improvvisa impennata dei rendimenti all’emissione potrebbero rapidamente compromettere l’equilibrio raggiunto. Tuttavia, in assenza di eventi estremi, le prospettive sono rassicuranti.
Recentemente diversi analisti hanno espresso giudizi positivi sullo spread Btp-Bund può quindi avere spazio per un ulteriore restringimento. Barclays ha recentemente indicato la possibilità di una discesa dello spread fino a 70 punti base. Anche Neuberger Berman si aspetta che i titoli italiani continuino a sovraperformare e indica un target a 80 pb; in generale rimarca come tutto il contesto per i Paesi periferici risulta più favorevole con deficit sotto controllo abbinati a una crescita più elevata rispetto a molte nazioni ‘core’, mentre Goldman Sachs ha posto l’accento sul fatto che tutti gli episodi che hanno portato a un allargamento degli spread negli ultimi 10 anni sono stati causati da instabilità politica e tale rischio attualmente sembra basso in Italia. “Prevediamo che questa condizione si manterrà almeno fino al prossimo anno, data l’assenza di catalizzatori politici rilevanti”, rimarca la casa d’affari a stelle e strisce.
