Emiliano: "Firmare l’accordo, sarebbe pazzesco se saltasse" La Fiom: "Mancano le garanzie per i posti di lavoro" **Titolo riscritto:** **"Emiliano: ‘Accordo Ex Ilva, pazzesco se non si firma’ | Fiom: ‘Niente garanzie per i lavoratori’"**
notizia

2025-08-02 13:50:27
«Ci auguriamo di chiudere un accordo che accontenti tutti». Sono le parole del presidente della Regione Puglia,
Michele Emiliano
, all’indomani della
doppia proposta di Accordo di programma sulla decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto
illustrata dal governo alle istituzioni locali. «Una cosa è certa – ha rilevato il presidente Emiliano nel corso dell’audizione alla Commissione 9 del Senato sul decreto legge 92/2025 (sostegno comparti produttivi) -: ad oggi nessuna forza politica ci ha chiesto di programmare la chiusura della fabbrica. Il che vuol dire che deve rimanere aperta e dunque l’Accordo di programma bisogna firmarlo. Bisogna tener conto che senza l’accordo con il governo è impossibile la prosecuzione dell’attività industriale e la
decarbonizzazione
che la Regione Puglia chiese già dieci anni fa». «Adesso – ha rilevato Emiliano – siamo ad un passo dalla decarbonizzazione e anche coloro che in passato furono contrari, oggi si sono convinti che quella indicata dalla Regione Puglia era l’unica via percorribile per Taranto. Sarebbe pazzesco che questo accordo saltasse ad un passo dalla definitiva uscita di Taranto dalla tragedia dell’incompatibilità degli attuali impianti a ciclo integrale con la salute umana, come ha evidenziato la
Corte di Giustizia Europea
».
«Sulla questione della
nave rigassificatrice
– ha proseguito Emiliano – non interessa dire nave-sì o nave-no. Se dobbiamo realizzare i forni Dri, servono determinati quantitativi di gas che possono essere portati lì anche dal
gasdotto Tap
, oppure da
Viggiano
in Basilicata. Ci dicono che esiste una regola europea che impedisce il finanziamento di opere che veicolano combustibili fossili. Ma quando il combustibile fossile, come in questo caso, è di transizione, ed è finalizzato alla decarbonizzazione, quindi serve a raggiungere gli stessi obiettivi dell’Unione europea, non si capisce perché non si debba allungare il gasdotto Tap da
Mesagne fino a Taranto
e risolvere così il problema della nave, la quale, d’altro canto, lo comprendiamo, offre una flessibilità commerciale per chi deve acquistare il gas, molto superiore a quella di un gasdotto».
«Altro punto fondamentale di oggi e motivo dell’audizione parlamentare – ha aggiunto Emiliano – è stato chiedere ai quattro partiti dell’opposizione,
Avs
,
Verdi Sinistra Italiana
,
Cinque Stelle
e
Partito Democratico
, di esprimersi e indicare quali sono le loro posizioni sull’ipotesi di accordo con il governo. È vero che la competenza amministrativa per firmare l’accordo appartiene a
Regione Puglia
,
Comune di Taranto
,
Comune di Statte
,
Provincia di Taranto
e
Autorità Portuale
, ma è anche vero che trattandosi di un polo strategico di interesse nazionale, è giusto che i partiti di opposizione facciano sapere qual è il loro punto di vista. Ferma restando la nostra autonomia, non vorremmo raggiungere un accordo col governo e poi il giorno dopo trovarci la nostra parte politica scatenata contro l’accordo firmato dagli enti locali amministrati dal centrosinistra del fronte progressista».
Proprio in vista di questa decisione, la Conferenza dei Servizi propedeutica al rinnovo dell’
Autorizzazione Integrata Ambientale
(AIA) dello stabilimento
ex Ilva di Taranto
, originariamente convocata dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica per il 10 luglio, è stata posticipata a giovedì 17 luglio alle ore 10.30. Il rinvio di una settimana è stato disposto dal ministero dell’Ambiente, d’intesa con il ministero delle Imprese e del Made in Italy, raccogliendo le esigenze condivise dalle amministrazioni nazionali e locali della Puglia intervenute a Palazzo Piacentini all’incontro sull’Accordo di Programma interistituzionale in merito al piano di piena decarbonizzazione dello stabilimento di Taranto. Quello da cui è emersa la doppia opzione, con o senza nave rigassificatrice.
All’incontro non hanno partecipato i sindacati, convocati invece per martedì 15 luglio quando si dovrà sottoscrivere l’Accordo di programma interistituzionale per la decarbonizzazione dello stabilimento di Taranto. «Io penso che sia assolutamente necessario ribadire alcune questioni che mi sembra che ad oggi non siano state oggetto di una piena e concreta attenzione da parte dei livelli istituzionali – ha sottolineato all’
Ansa
il segretario generale della
Fiom Cgil Michele De Palma
– perché l’accordo di programma non può non tenere conto, con l’obiettivo della decarbonizzazione che è uno degli aspetti fondamentali, di un altro pilastro, che è la questione occupazionale». L’intesa, aggiunge il sindacalista, «prevede determinati livelli produttivi, un cambio di tecnologia, addirittura la possibilità di delocalizzare parte della organizzazione produttiva fuori dal perimetro dell’area tarantina. Ma il tema occupazione non è una parte trascurabile. Il tema dell’occupazione deve essere trattato con pari dignità rispetto a tutte le altre questioni su cui noi siamo impegnati, a partire
dalla decarbonizzazione». Per De Palma «non si può pensare che le conseguenze di questo processo di riorganizzazione e di trasformazione possa essere scaricato sulle lavoratrici e i lavoratori. Questo per noi è assolutamente impensabile. Lo dico a tutti i livelli istituzionali. Per me la parola esuberi non può essere utilizzata in una fase di transizione tecnologica ed ecologica». «Ritengo la questione dell’ex Ilva strategica, ma – ha aggiunto De Palma – comincio ad avere la sensazione che se le decisioni che vengono prese non tengono conto della questione sociale e occupazionale questo rischia di essere un problema enorme».
Il segretario generale della Fiom ricorda che al momento «ci sono addirittura due ipotesi: una che prevederebbe
tre forni elettrici
o
tre Dri
sull’area tarantina e l’altra che prevederebbe solo tre forni elettrici sull’area tarantina. La prima domanda è: i lavoratori sono centrali in questo processo o sono una variabile dipendente delle scelte che verranno fatte?».
Secondo De Palma «l’accordo di programma non può non affrontare
il tema di un piano sociale di garanzia per i lavoratori che sono occupati, ricordo che ci sono anche i lavoratori di Ilva in As oltre ai dipendenti diretti e quelli dell’indotto. C’è uno studio per capire cosa questo determina? E quali sono gli strumenti che possono essere messi in campo?». Secondo punto: «Chi lo fa? Con chi ci stiamo confrontando – insiste De Palma – oltre che ovviamente alla parte normativa che è necessaria per determinare l’Aia? Io continuo a pensare che, in assenza di soggetti privati, la soluzione possibile è quella di una partecipazione pubblica e di una gestione pubblica, non escludendo la partecipazione ovviamente dei privati». Per De Palma c’è «una terza questione: le risorse. Noi parliamo di tre Dri, parliamo di tre forni elettrici, parliamo del mantenimento degli interventi indispensabili ad arrivare al processo di decarbonizzazione con gli impianti esistenti. Duecento milioni sono le risorse che possono essere utilizzate
per raggiungere questo obiettivo?». Quanto ai volumi produttivi, De Palma sostiene che «il piano presentato, anche nel confronto con i commissari, era di 8 milioni di tonnellate. Io non sto dicendo che bisogna farle a Taranto.
Stiamo discutendo dell’Aia ma non del piano industriale. A noi interessa discutere il piano industriale ed era stato detto che 8 milioni servivano all’azienda per stare in piedi. Chiediamo che tutti i livelli istuzionali, maggioranza, opposizione, governo, enti locali, tengano bene in mente queste nodi nelle decisioni che verranno prese».
