"Blockchain non è una truffa": ecco come la tecnologia delle crypto può rivoluzionare il mondo
notizia

2026-02-06 17:50:39
«Criminalizzando senza distinguo il mondo crypto, le criptovalute e la blockchain si rischia di buttare il bambino con l’acqua sporca». Giorgio Scura è una delle anime di Decripto.org, gli sceriffi del web che tra debunking e informazione, secondo una felice definizione del Sole24Ore, «illuminano le tenebre delle truffe di criptovalute».
Tra le cose da salvare c’è la tecnologia blockchain, che ormai vede il traguardo dei 20 anni all’orizzonte e che sostanzialmente nasce assieme a Bitcoin nell’ormai lontano 2008, dopo la crisi dei mutui sub prime americana, che secondo Scura «ha una serie praticamente infinita di applicazioni che rischiano di perdersi nel marasma delle truffe e della demonizzazione delle criptovalute come mezzo di pagamento».
Il tema è la finanza «decentralizzata» che ha come punti di forza «la trasparenza e il “possesso” digitale, l’applicazione più “disrupting” come dicono quelli bravi – spiega il giornalista – Mai prima d’ora infatti era possibile attribuire una proprietà agli asset digitali». Come le nostre foto, i nostri dati, che regaliamo alle grandi major, che «li custodiscono in piattaforme intermediarie e centralizzate che li custodiscono per noi alle loro regole». E se domani chiudessero l’accesso o chiedessero pagamenti altissimi? «Non potremmo difenderci in alcun modo. Ecco con la blockchain che è alla base del web3, si potrà fare, anzi ognuno di noi potrà guadagnare dall’uso delle nostre immagini, senza condividere i proventi con chi detiene i big data, come già succede negli Usa.
Democrazia, trasparenza, meritocrazia. La rete è diventata maggiorenne, «superata l’adolescenza ora è diventata grande e può fare cose da grande». In che senso? «Il web1 permetteva solo la scrittura/lettura, con il web2 si aggiunge lo scambio anche di file multimediali (e nascono i social), con il web3 arriva il possesso (e quindi la vendita, l’acquisto, la permuta, il prestito etc etc) dei beni digitali. E qui interviene la blockchain, «che certifica, in maniera immutabile, anti corruzione, anti manipolazione. E so che può sembrare un paradosso – sorride – visto quanto sia stata usata come buzz word per scopi esattamente opposti». La blockchain sta per diventare cruciale nel tracciamento dei nostri beni. «Immaginatevi cosa può voler dire per un Paese come il nostro aver la possibilità di certificare ogni pistacchio di Bronte, ogni cl di Sassicaia, ogni cl di Olio EVO, ogni prodotto artigianale, ogni cosa “made in Italy”, il marchio più prezioso del mondo dopo la Coca Cola. La blockchain – è il ragionamento dell’esperto – permette di certificare la scarsità digitale, controllare le provenienze, le quantità, le qualità alla luce del sole».
Nel frattempo la rete ha cambiato la nostra società, ormai profondamente digitalizzata. «Cambieranno le banche certamente, ma non solo, cambieranno i giornali, le squadre di calcio (e già quasi tutte stanno sperimentando i fan token), la musica, i cantanti, i concerti, l’arte e le community in generale. Pensate solo ai digital twin – è l’analisi di Scura – i gemelli digitali di opere d’arte o di pezzi di lusso, dalle borse agli orologi, che accompagnano l’oggetto fisico e ne certificano in maniera non corruttibile, non modificabile, trasparenze e decentralizzata l’autenticità». Il Giornale ha già parlato della «carta d’identità» su cui sta lavorando Giuseppe Miceli e il suo Osservatorio Italia Antiriciclaggio per l’Arte. «Le opere d’arte per esempio saranno per sempre legate agli artisti che le hanno prodotte, le tracceranno nei secoli, e corrisponderanno automaticamente all’autore una percentuale delle future vendite». Un modo per restituire agli artisti i diritti sulla proprietà individuale. «E che tutti controllino tutti». Con la blockchain si può.
