Riprendere il percorso degli Stati Uniti d’Europa: 3 direzioni chiave per agire
Unione Europea

2026-02-07 20:06:00
(a cura di
Maurizio Sella
, presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro)
Nell’attuale contesto globale, per l’Italia non c’è futuro favorevole senza l’Europa: in particolare senza un’Europa protagonista – e non spettatrice – della Storia, autorevole sul piano politico, efficace dal punto di vista istituzionale e capace di crescere e competere come area economica ampia, integrata e meno frammentata.
L’Italia prima dell’Unità aveva regole e prassi differenti, era una selva di diversità, con tanti piccoli Stati divisi: l’Unità ci ha consentito di avere evoluzioni civili, sociali e istituzionali e di avviare lo sviluppo che ci ha portato a essere tra i grandi Paesi del mondo. Oggi l’Europa si trova di fronte a una sfida analoga, ma su scala mondiale. In uno scenario complesso e in un contesto dominato da concentrazioni sempre più vaste di potere economico, militare e tecnologico, la dimensione è decisiva. E oggi la forza dell’Europa è di essere un punto fermo e un modello democratico unico, che lega il successo economico allo Stato di diritto e al progresso sociale.
A Venezia in occasione del Convegno della Federazione dei Cavalieri del Lavoro dal titolo “L’Europa che vogliamo” abbiamo discusso proprio di questi temi, ovvero di come completare il progetto europeo, di come passare dalla coesistenza al coraggio della compiutezza. Ci sono tre direttrici concrete su cui agire.
La prima riguarda il processo decisionale europeo: va definitivamente superata la regola dell’unanimità nelle decisioni importanti del Consiglio, snodo nevralgico delle decisioni politiche europee, perché questa rischia di provocare la paralisi politica nel momento in cui ci fossero da prendere decisioni importanti e urgenti. Questa riforma consentirebbe un cambio di passo nelle decisioni dell’Unione Europea.
Il secondo suggerimento è di aumentare il debito comune europeo. È una strada obbligata per l’Europa ed è necessario percorrerla perché dobbiamo affrontare investimenti enormi per avere più indipendenza strategica ed energetica, maggiore produttività e gestire il cambiamento climatico.
Debito comune significa superare la diffidenza reciproca tra gli Stati e se questo accade la fiducia interna attira anche la fiducia degli investitori esterni all’Europa. Se siamo noi europei i primi a non crederci, come possiamo pretendere che lo facciano gli altri?
Abbiamo avuto il coraggio di fare l’euro, che è stato un grande successo, ma non ancora quello di accompagnarlo con un’unione fiscale e finanziaria vera: è tempo di superare questa contraddizione.
La terza proposta è la semplificazione, indispensabile per preservare l’essenziale vitalità dell’imprenditoria europea, garantendo biodiversità economica, capacità di innovazione e prospettive di crescita futura, che rischiano altrimenti di essere soffocate da un insostenibile ed eccessivo gravame di regole
Queste tre proposte vanno lette alla luce di uno scenario globale che ci sta mettendo di fronte a forti discontinuità, complessità e tensioni. Ma anche grandi opportunità. Ma bisogna agire adesso, altrimenti potrebbe essere tardi, e ne può andare del nostro benessere, della nostra indipendenza e di ciò che lasceremo alle generazioni future.
Per questo, spunti interessanti e una nota di ragionevole speranza sull’Europa che vogliamo ce lo offrono i nostri giovani. Penso agli allievi del Collegio Universitario di Merito “Lamaro Pozzani”, per cui l’Ue “prima ancora che struttura istituzionale o mercato, è un’esperienza vissuta, quotidiana, comunitaria”. È da questi giovani che ci giunge un messaggio di responsabilità: costruire l’Europa che vogliamo significa anche educare insieme, secondo sistemi coerenti e ispirati su valori condivisi, la generazione che dovrà guidarla.
I Cavalieri del Lavoro riflettono l’eccellenza del mondo produttivo: grazie a una spiccata capacità di visione, molti di noi sono stati e sono protagonisti di cambiamento non solo nel mondo economico ma anche sociale e culturale. Con tutto ciò abbiamo sostenuto l’Italia nei momenti più difficili, credendo nel valore delle persone, nella responsabilità sociale. Oggi, siamo chiamati a una sfida altrettanto storica: completare la costruzione dell’Europa. Un’Europa delle imprese e dei talenti.
Con la consapevolezza che l’Europa, anche se ancora incompiuta, è già un miracolo della Storia: 27 nazioni sovrane che scelgono ogni giorno di condividere valori, regole e responsabilità, per fare il bene comune, dando vita a uno straordinario spazio di opportunità e di futuro. Occorre ora fare un secondo miracolo: fare in modo che nel 2026 inizi il primo anno degli Stati Uniti d’Europa.
