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Il 75% della ricchezza in mano agli Over 50: l’Italia blocca l’ascensore sociale

Italia

2026-03-02 19:28:21

L’Italia è uno dei Paesi sviluppati e democratici in cui

la famiglia in cui si nasce pesa di più sulle opportunità di vita e viceversa


la mobilità sociale è ridotta

. Lo aveva già segnalato qualche anno fa, dopo la crisi del 2008 e prima di quella del Covid 19, uno studio

Ocse

, utilizzando non solo la nota metafora dell’ascensore sociale rotto, ma anche quella di “

pavimenti e soffitti appiccicaticci

”, per indicare che l’origine di nascita è

altamente predittiva

di dove ci si troverà da grandi nella stratificazione sociale ed economica.

Un fenomeno presente i altri Paesi, ma che

in Italia appariva particolarmente forte

. Lo conferma, in modo ulteriormente accentuato, una recentissima ricerca della

Future Proof Society

insieme al

think tank Tortuga

(La pesante eredità: ricchezza e (im)mobilità sociale tra le generazioni in Italia). Il rafforzamento della riproduzione intergenerazionale della disuguaglianza è la conseguenza di

un sistema educativo e di istruzione che non riesce sempre a compensare adeguatamente le diseguaglianze nelle risorse materiali e culturali in cui crescono le nuove generazioni

(si vedano a questo proposito anche gli ultimi dati delle
prove Invalsi presentati ieri
), di un mercato del lavoro in cui

crescono i lavori poveri

e i salari sono stagnanti, di una distribuzione della ricchezza sempre più sbilanciata:

il 10% più ricco della popolazione detiene il 60% della ricchezza nazionale

, mentre

la metà più povera possiede appena il 7,4%.

Negli ultimi dieci anni, questa disparità si è ulteriormente accentuata: la quota dal 10% più benestante è aumentata di 7 punti percentuali, a un ritmo doppio rispetto alla media europea, nonostante il valore assoluto dei patrimoni sia cresciuto meno che in altri paesi: una dimostrazione, secondo i ricercatori, del fatto che in Italia la crescita non solo è molto ridotta, ma fortemente sbilanciata.

Riprendendo dati della Banca d’Italia, lo studio segnala inoltre che

la ricchezza è detenuta in misura maggiore di un tempo dagli over cinquantenni

(75%, di cui il 40% pensionati). Le generazioni oggi tra i 20 e i quarant’anni circa ,

Millennials e Generazione Z

, non solo, come è naturale visto che hanno meno anni di potenziale accumulazione alle spalle,

dispongono di una quota molto più piccola della ricchezza complessiva

, ma

anche di livelli di patrimonio nettamente inferiori

(circa il 50% in meno)

rispetto alle generazioni precedenti

, Generazione X e Baby Boomer,

alla stessa età

.
Stagnazione salariale
,
aumento del costo dell’abitazione
,

privatizzazione strisciante di alcuni beni pubblici

, a partire dalla sanità, più che una

maggiore predisposizione al consumismo

hanno ridotto la capacità di formarsi un patrimonio tra le generazioni più giovani, nonostante l’aumento, per quanto ancora troppo ridotto, dell’occupazione femminile che in molte famiglie consente un

doppio reddito

. Insieme alla stagnazione salariale e del mercato del lavoro, questo divario inter-generazionale nella dotazione patrimoniale accentua, appunto, il peso cruciale dell’origine familiare sulle chances di vita, anche oltre il raggiungimento dell’età adulta: sul poter comprarsi casa, cambiare lavoro per scelta e non perché lo si è perso, fare esperienze all’estero o farle fare ai propri figli, delegare ad altri parte del lavoro di cura (inclusa la cura degli anziani fragili) o dovervi fare fronte da sole.

Il paradosso di queste

disuguaglianze intergenerazionali

nella disponibilità di ricchezza è che

le attualmente svantaggiate generazioni più giovani sono le potenziali eredi della ricchezza ora concentrata nelle mani di (una parte) della generazione anziana

. È un fenomeno messo in luce qualche mese fa anche dall’

Economist

relativamente al Regno Unito (un altro paese caratterizzato da grande concentrazione di ricchezza). La ricerca citata stima che

nei prossimi venti anni l’Italia affronterà uno dei più grandi trasferimenti di ricchezza della storia

, con oltre 6.400 miliardi di euro. Se nulla verrà cambiato nell’attuale sistema fiscale relativo ai passaggi ereditari, ciò comporterà un’ulteriore accentuazione delle diseguaglianze, perché, stante la concentrazione della ricchezza da un lato e la situazione demografica che vedrà poche figlie/i e nipoti ereditare grandi ricchezze, con scarsi, o nulli, effetti sulla crescita economica e sociale del paese, per creare benessere comune, stante l’esiguità delle imposte sull’eredità. I ricercatori suggeriscono invece di utilizzare questo passaggio per

investire in un miglioramento del sistema

, riducendo le diseguaglianze e creando un contesto favorevole ad uno sviluppo equo e sostenibile. A questo scopo

propongono di rivedere l’imposta di successione

, aumentandola per i grandi patrimoni (sopra un milione di euro), allineandola alla normativa di paesi come Francia, Germania o Regno Unito. Oltre a contribuire a mettere ogni nuova generazione in condizioni di maggiore parità, come auspicava già Einaudi,

il maggior gettito riequilibrerebbe parzialmente lo sbilanciamento attuale tra tassazione del reddito da lavoro e tassazione della ricchezza

, consentendo di alleggerire la prima. La proposta non è nuova, sembra molto ragionevole, persino limitativa (un milione di euro è una soglia molto alta). Ma proprio per questo temo che, come altre simili, troverà più opposizioni che consensi.

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