Lavoro in aumento, salari ancora bassi: "Basta con l’industria a basso costo"
occupazione

2026-06-30 01:21:30
"Chiediamo alla Regione di chiudere la
legge sull’industria
in questa legislatura, così dalla prossima saremo pronti a partire. Da anni con Cgil, Uil e Confindustria chiedevamo un testo unico che prevedesse un tavolo permanente per discutere le scelte da fare e dove orientare le risorse. Finalmente l’accordo è stato recepito. Lo stanno trasformando in una proposta di legge, è passato in commissione e ringrazio maggioranza e opposizione perché non ci sono stati emendamenti". Così Marco Ferracuti, segretario
Cisl Marche
, a margine della presentazione del report "Sguardi sulle Marche. Economia, lavoro, welfare", realizzato dal sindacato. Dallo studio emergono alcuni aspetti chiave: il tasso di
occupazione
è in aumento, ma con una progressiva crescita del
lavoro precario
; la
manifattura
resta asse portante del sistema economico, costituita però soprattutto da imprese di piccole dimensioni in cui persiste un basso livello tecnologico; le retribuzioni medie sono più basse della media italiana; la povertà relativa è in aumento, come pure il numero di quanti rinunciano alle prestazioni sanitarie.
Nel 2024, il tasso di occupazione riferito alla popolazione in età di lavoro (15-64 anni) è al 67,2%, ma con una differenziazione: riferito ai giovani (18-29 anni), si attesta al 47,7%. Nello stesso tempo la disoccupazione è scesa al 5,2% (il valore più basso dal 2008), migliore della media italiana. Di che lavoro stiamo parlando? "Se dal punto di vista statistico prevale il contratto di lavoro stabile, i dati Inps sulle nuove assunzioni accendono un’allerta sulla progressiva diffusione di rapporti di tipo discontinuo e/o precario". Tra 2014 e 2024 le assunzioni a tempo indeterminato sono diminuite del 4%, passando dal 14,5% al 10,7%, i contratti a termine di quasi il 6% (da 45,1% a 39,3%), ma il contratto intermittente è cresciuto, passando dall’8,8% al 19,4%, con un incremento del 10,6%. La
manifattura
costituisce un settore fondamentale per l’occupazione (26,4% degli occupati) e il valore prodotto (40% circa), ma diversi sono gli elementi di criticità. Intanto si è affievolito "quel dinamismo imprenditoriale che in passato era stato capace di sempre nuove ripartenze: tra 2014 e 2024 sono andate perse oltre tremila imprese manifatturiere". Poi c’è da rilevare come moltissime imprese siano piccole e micro (il 79% secondo l’Istat è tra 0 e 9 addetti), con una netta prevalenza dell’artigianato (quasi il 65% delle imprese attive) e una proprietà specie di tipo familiare, solo il 2,5% è gestito da manager. Questa struttura industriale si concentra nei settori tradizionali più maturi e a basso (47,7%) o medio-basso (29,7%) livello tecnologico, né aiuta certo il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro: nel 2024 la difficoltà delle imprese di reperire il personale di cui hanno bisogno ha raggiunto la soglia del 51%.
L’anno scorso la Banca d’Italia ha rilevato per le Marche una retribuzione lorda media annua inferiore di oltre il 6% della media italiana. Con riferimento al gruppo più numeroso di operai, impiegati e apprendisti con contratto a tempo indeterminato, la media annua è di 23.893 euro, inferiore di circa 1.300 euro alla media italiana e con un divario di genere: i lavoratori percepiscono mediamente 26.744 euro, le lavoratrici 19.960. In tale contesto il 5,6% delle famiglie è in condizione di povertà assoluta, quelle in povertà relativa sono l’11%, più della media italiana (10,6%) e del Centro (6,5). La rinuncia alle prestazioni sanitarie passa dal 6,9% del 2019 al 9,7% del 2023 (in Italia 7,6%).
"Il dato molto positivo – dice Ferracuti – è che nelle Marche cresce l’occupazione, ma ciò non si traduce nell’aumento dei salari. Siamo la regione più manifatturiera d’Italia, ma con una grandissima frammentazione e poca attitudine all’innovazione. Ultimo, ma non per importanza, l’aumento della precarietà: diminuisce il ricorso alle assunzioni a tempo indeterminato, decresce il tempo determinato e crescono le forme più atipiche, come la somministrazione, lo stagionale e l’intermittente, queste ultime tre rappresentano il 45% delle assunzioni. Ed è questa combinazione di settori maturi, di frammentazione e di precarietà che porta al fenomeno odioso dei bassi salari".
