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Travaglia (Upa): +3,2% nel 2025. Tempo per convergere su Audicom

notizia

2025-11-14 12:08:42

Il 2025 si chiuderà con una crescita degli investimenti pubblicitari “pari al +3,2%, maggiore della crescita del Pil”, in valore assoluto un dato che si avvicinerà agli 11 miliardi di euro.

Lo ha annunciato Marco Travaglia, presidente di Upa, in occasione dell’Assemblea annuale dell’Associazione. Un dato sostanzialmente in linea con quello appena prodotto da UNA, l’associazione dei consulenti comunicazione con cui quella degli spender lavora in costante coordinamento. Travaglia in realtà ha indicato una forbice di crescita più realista, tra il +2,8% ed il +3,2%, ma la sostanza non cambia.

Mercato da 11 miliardi

“In un mercato in cui il PIL faticherà ad arrivare ad un saldo positivo dell’1% – ha sintetizzato il presidente – gli investitori impiegheranno oltre il 3% in più di risorse in comunicazione. E questa è la riprova che oramai le aziende considerano la pubblicità come una essenziale leva anticiclica” ha rimarcato Travaglia.

Che presentando l’agenda di giornata (agli IBM Studios, con una platea più ridotta di rappresentanti della industry, il focus sono stati gli interventi di

Marc Pritchard, Chief Brand Officer Procter & Gamble

, e

Anna Grassano, General Manager Beiersdorf South Europe)

ha sottolineato pure l’impegno di Upa nel lavorare insieme a tutte le componenti del mercato per garantire maggiore trasparenza, sia sul fronte della misurazione delle campagne nell’attuale contesto digitale e crossmediale, sia nella quantificazione degli investimenti digitali per brand e azienda.

Il manager di Nestlè ha sottolineato come quasi il 50% degli investimenti pubblicitari non passi attraverso il controllo e la certificazione di garanzia di un JIC. Tra le sue battaglie più sentite degli ultimi mesi, così, essendo pure presidente di Audicom (la ricerca sui mezzi dedicata a stampa e video digitali), c’è quella di riuscire a convincere le grandi piattaforme digitali ad entrare nella rilevazione congeniale alle loro performance.

Travaglia, le big platform e il server to server

In questo momento, così, cercando di portare avanti questo impegno, in Audicom si sta pure valutando se esiste la possibilità di bilanciare simmetricamente gli eventuali dati del video digitale prodotti sugli streamcaster attraverso l’Sdk di Auditel e quelli eventualmente raccolti da Audicom attraverso un sistema di ricezione ‘server to server’. Un metodo soft di tracciamento dei contenuti e delle performance delle piattaforme e degli streamer che pare essenziale per convincere – per iniziare – Netflix, YouTube ed Amazon Prime ad entrare nelle logiche di trasparenza e terzietà in tema di dati di ascolto. La ratio di questo sforzo e tentativo di compromesso di Travaglia è chiara: “Agli investitori sono necessari tutti i media a disposizione per parlare con i consumatori. Le big digital platform devono integrarsi in un sistema omogeneo e interoperabile di metriche, altrimenti gli investitori non possono avere una visione completa e coerente delle proprie campagne”, ha dichiarato il presidente di Upa.

In queste settimane però, dai grandi eventi di presentazione dei palinsesti sono arrivati i ‘niet’ di concessionari ed editori ‘nativi’ televisivi sull’ipotesi di ‘server to server’ portata avanti dal gruppo di lavoro di Travaglia, che ha anche il supporto di UNA.

Tutti i gruppi televisivi contro il server to server

La bocciatura di una soluzione del genere, l’hanno data, ultimamente Urbano Cairo e Uberto Fornara per La7. E anche ieri si sono pronunciati contro –
lato Mediaset
– oltre al ceo di MFE, Pier Silvio Berlusconi, anche il direttore del marketing strategico, Federico Di Chio, e l’ad di MFE Advertising, Stefano Sala, che con un pizzico di ironia ha detto che la soluzione ‘server to server’ non la vede realizzabile “neanche dipinta”.

Chiamato a commentare queste resistenze diffuse, Travaglia non ha alimentato polemiche. Ha detto che il tentativo va avanti, e che Audicom non cerca per favorire questa svolta se non una soluzione unitaria e condivisa. Il presidente, così, ha detto che ci sono tanti mesi davanti per sperimentare e per capire. Non c’è più la fretta che sembrava animare il mercato solo fino a pochi mesi fa.

Continuità con Sassoli

Sono cinque – comunque – i punti fondamentali per la costruzione di un sistema articolato di ricerche sui media a fini pubblicitari: l’integrazione delle

big digital platform

; una convenzione di “contatto crossmediale” per le campagne video televisive e digitali; il codice univoco per tracciare i video pubblicitari (il CUSV, il “codice a barre” dei video pubblicitari); i dati di prima parte per conferire una caratterizzazione individuale sociodemografica ai volumi di

streamview

pubblicitarie censuarie, trasformandole in audience, con specifici modelli di individualizzazione; e infine una piattaforma di sistema per analisi sulle performance pubblicitarie.

Travaglia, da oltre 10 anni nel direttivo di UPA, dal 2019 presidente e ad di Nestlé in Italia e Malta, ha fatto pure il bilancio di un anno di lavoro. E ha rimarcato la “continuità” della sua gestione di UPA con quella di Lorenzo Sassoli de Bianchi, “che aveva già portato a compimento un grandissimo lavoro”.

Il nuovo presidente non sta quindi cercando di fare qualcosa di ‘diverso’ dal suo predecessore, “ma piuttosto sta provando ad aggiungere qualche altro tassello al lavoro condotto da una struttura, quella di UPA, di ridotte proporzioni ma di grande efficienza ed efficacia”. Tra queste novità, oltre alla battaglia per convincere le big platform a farsi misurare da un JIC e fornire più elementi per misurare l’andamento del mercato digitale, Travaglia ha segnalato “un lavoro più costante e intenso di collaborazione con la WFA, il ramo internazionale della nostra associazione”.

Dazi fattore d’incertezza

Il largo consumo continua a investire in pubblicità ma il tema dei dazi influenza anche questo settore portando incertezza. “Il contesto bellico, geopolitico, i dazi sono gli aspetti di eventuale incertezza che potrebbero condizionare un po’ il secondo semestre”, ha precisato su questo fronte Travaglia.

Le aziende “riconoscono nella comunicazione un fattore necessario di competitività. I dazi, ha aggiunto, possono essere un fattore impattante perché ovviamente ha dei riflessi diretti sui conti economici delle aziende”. “Però se tutto il quadro tiene penso che questa crescita (+3% circa) sia tutto sommato possibile e deve rappresentare un segnale di ottimismo, di volontà di chi lavora, investe in questo paese e nelle aziende di continuare ad avere fiducia in questo sistema”, ha concluso.

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