Adriano Panatta: 75 Anni di Leggenda nel Tennis Italiano
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2026-04-15 13:42:21
Il 9 luglio 1950 nasceva uno dei più grandi tennisti italiani. Oggi si celebra l’uomo che portò il tennis fuori dalle nicchie Settantacinque anni fa, il 9 luglio 1950, nasceva Adriano Panatta, una figura che avrebbe lasciato un’impronta indelebile nel tennis italiano e mondiale. Sebbene il tennis di oggi sia profondamente diverso, gli anni in cui Panatta calcava i campi di tutto il mondo già nell’era ATP videro tre trasformazioni essenziali di cui fu protagonista indiscusso. La prima e forse più significativa trasformazione fu di carattere sociale. Con Adriano Panatta e l’arrivo delle immagini del suo sport in televisione, il tennis italiano uscì dalla sua "nicchia" elitista per diventare uno sport di massa. Fino ad allora, la maggior parte dei giovani italiani era abituata a inseguire un pallone, non a destreggiarsi con racchette e palline. I successi di Panatta, in particolare la storica Coppa Davis vinta dall’Italia nel 1976, fecero lievitare l’intero movimento, portando a un fiorire di campi da tennis in tutta Italia. Quella Coppa Davis, peraltro, è entrata nella leggenda non solo per la vittoria: la squadra italiana scese in campo in Cile con la maglietta rossa per protestare platealmente contro il regime di Pinochet, un gesto di grande impatto politico e sociale. Grazie a questi successi, nomi fino ad allora poco noti al grande pubblico iniziarono a dominare le discussioni sportive "da bar". Accanto ai celeberrimi protagonisti del calcio e della Formula 1 (con nomi come Regazzoni, Andretti, Giunti, Merzario, Lauda, Reutemann), si affiancarono Adriano Panatta, Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti e Tonino Zugarelli, guidati dal capitano non giocatore Nicola Pietrangeli. Ma con loro, si cominciarono a conoscere meglio anche giganti del tennis mondiale come Jimmy Connors, Björn Borg e John McEnroe. La seconda trasformazione riguardò lo sport stesso. Panatta lo traghettò dall’era classica verso quella moderna, pur mantenendo la classicità dei colpi ma immaginando un gioco diverso, più creativo. Questa creatività si concretizzò in un colpo che divenne la sua cifra distintiva: la veronica sottorete. Una volée alta di rovescio eseguita dando le spalle alla rete, un gesto tecnico spettacolare che mandava in visibilio gli spettatori di tutto il mondo e che, ancora oggi, è descritta nel vocabolario del tennis come "colpo inventato da Adriano Panatta". La terza trasformazione fu del tutto personale: Adriano Panatta fu il primo tennista a diventare una vera "star", una persona inseguita da fotografi e gossip. Complice anche la sua personalità "piaciona", ironica, istrionica e un po’ playboy. Nomi come Serena Grandi, Mita Medici e Loredana Bertè sono stati accostati al suo. In una recente intervista, Panatta ha rivelato: "entrai al ristorante fidanzato con Mita e ne uscii con la Bertè". Oggi si dichiara felicemente sposato per la seconda volta dal 2021 con Anna Bonamigo, ma non nasconde una nostalgia per gli anni passati, più per l’età che aveva che per altro. La carriera di Panatta fu quella di un autentico pioniere del tennis italiano. Conquistò 10 titoli del circuito maggiore e raggiunse la quarta posizione nella classifica mondiale nel 1976, un record italiano rimasto imbattuto fino all’avvento di Jannik Sinner. Panatta detiene ancora oggi alcuni record importanti nel tennis italiano, tra cui essere stato il Numero 1 italiano in singolare per 284 settimane complessive e aver vinto per sei anni consecutivi i Campionati italiani assoluti (dal 1970 al 1975). Fu anche un eccellente doppista, conquistando 18 titoli. Nella recente intervista al Corriere della Sera, Panatta si è aperto a ricordi, aneddoti e riflessioni sulla sua vita e carriera. Nella sua autobiografia "Più dritti che rovesci", scritta con Daniele Azzolini, Panatta racconta la reazione di Nicola Pietrangeli alla notizia della sua nascita: "Mi è nato un figlio!". A cui Nicola rispose: "E chi se ne frega!". Panatta ricorda il loro primo incontro al club delle Tre Fontane, dove il padre era stato trasferito. "Scendevo sempre a rete, scesi a rete pure contro Pietrangeli, e lui mi apostrofò: ‘A regazzi’, che fai, vieni a rete con me?’". Sebbene gli scontri in campo fossero duri, fuori erano amici. "Anche io voglio molto bene a Nicola. E gli mando un forte abbraccio per la perdita del figlio", ha detto Panatta, riferendosi al recente lutto di Pietrangeli. Tuttavia, non nasconde le difficoltà nel gestirlo: "Il problema con Nicola è che dovevo difenderlo da se stesso", a causa del suo carattere polemico e dell’atteggiamento da "Marchese del Grillo". Sulla famosa cacciata di Pietrangeli da capitano di Davis, Panatta ha spiegato: "Perché non lo sopportava più nessuno. I miei tre compagni. Belardinelli. Il presidente federale Galgani. Lo difendevo soltanto io. Ma Nicola a volte era indifendibile". Non sono mancati riferimenti a campioni del passato, rievocando l’eccentricità di Ilie Nastase, il "matto calmo" Björn Borg o la non simpatia per Jimmy Connors, e qualche considerazione su quelli del recente passato e presente: "Federer è il tennis. Gli ho visto fare cose che so che non si possono fare; ma lui le faceva. Qualche volta Alcaraz". Ritene Alcaraz con "punte più alte" rispetto a Sinner, che è "più costante, un caterpillar". Su Rafa Nadal, un episodio lo commuove: dopo una sconfitta con Djokovic a Parigi, Nadal, stanco e furioso, cedette il passo a Panatta negli spogliatoi con un cortese "Prego, Adriano". "Questo significa avere tenuta. Avere forza morale. Aver avuto una buona educazione". |
