Il caso Almasri sconvolge il governo: Nordio sotto accusa
Politica e legge

2026-02-14 09:38:06
Emergono documenti che smentiscono il ministro: il suo dicastero sapeva del fermo del generale
l generale è stato rilasciato e rimpatriato nonostante un mandato della Corte penale internazionale. L’opposizione chiede le dimissioni del Guardasigilli e punta il dito contro l’intero governo Meloni per complicità politica
L’arresto “rimosso” e l’ombra del silenzio di Stato.
Il 19 gennaio 2025 Osama Almasri, ex comandante del famigerato carcere libico di Mitiga, viene fermato a Roma su mandato della Corte penale internazionale. L’accusa è pesantissima: torture, omicidi, stupri di migranti e oppositori politici. Tuttavia, il suo arresto non dura che poche ore. La sera stessa, viene dichiarato “irrituale”, per un presunto vizio di forma. E da lì, in un silenzio assordante delle istituzioni, inizia una trafila che lo riconsegna alla Libia.
Il punto di svolta arriva con la documentazione acquisita dal Tribunale dei ministri: un’email della capo di gabinetto del ministro Nordio attesta che il ministero della Giustizia era informato del fermo fin da domenica 21 gennaio. Una consapevolezza chiara, ma che non ha prodotto alcun intervento formale da parte del dicastero.
Procedura anomala e assenza del nulla osta
La legge italiana prevede che, in caso di mandato internazionale, sia il ministero della Giustizia a dare il via libera al procedimento. In questo caso, il nulla osta non è mai arrivato. Né è stata attivata alcuna cooperazione con la Corte penale internazionale. Così, la Corte d’Appello di Roma ha dovuto convalidare il rilascio di Almasri. Il generale è stato poi espulso con un volo militare, riportato in Libia tra le proteste delle ONG e della stessa CPI, che ha avviato una procedura per inadempienza nei confronti dell’Italia.
I magistrati e le accuse: omissioni e favoreggiamenti
La relazione depositata dal Tribunale dei ministri delinea un quadro molto grave. Il ministro Carlo Nordio risulta indagato per
omissione di atti d’ufficio
, mentre la premier Giorgia Meloni, il ministro dell’Interno Piantedosi e il sottosegretario Mantovano sono coinvolti con accuse che vanno dal
favoreggiamento personale
al
peculato d’uso
, per l’impiego di un volo di Stato senza copertura normativa.
La responsabilità politica non si ferma al solo ambito giudiziario: secondo i magistrati, la scelta di non trasmettere il nulla osta fu deliberata, coordinata ai più alti livelli di governo. Una strategia volta a evitare l’arresto di Almasri e a garantirne l’immediato rimpatrio.
L’attacco delle opposizioni: “Nordio ha mentito al Parlamento”
Il capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra, Peppe De Cristofaro, ha preso posizione in modo netto: “Il ministro della Giustizia sapeva e ha mentito al Parlamento. Nordio deve dimettersi, perché invece di garantire il rispetto delle leggi ha scelto di nascondere la verità e di violare gli accordi internazionali. Il caso Almasri è una ferita alla credibilità dell’Italia nel mondo e un insulto alla dignità delle vittime”.
Anche altri gruppi dell’opposizione hanno chiesto la convocazione urgente del ministro in Aula. Ma al momento, dal governo, non sono arrivate dichiarazioni ufficiali. La premier Meloni resta in silenzio, mentre i partiti della maggioranza si trincerano dietro un’attesa cauta, lasciando filtrare preoccupazione per le ricadute politiche.
Verso l’epilogo giudiziario: il bivio tra archiviazione e rinvio a giudizio
Ora la palla torna ai giudici: spetterà al collegio decidere se archiviare il caso o procedere con la richiesta di rinvio a giudizio per Nordio e gli altri membri dell’esecutivo coinvolti. Il verdetto potrebbe arrivare già entro l’estate. Ma, politicamente, la tempesta è già scoppiata. E rischia di travolgere uno dei pilastri del governo Meloni.
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Il caso Almasri scuote il governo: Nordio nel mirino del Tribunale dei ministri
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