Leonardo Valentini: L’Anticonformista del Made in Italy
Italia

2026-04-14 11:27:00
NON AMA ESSERE ANCORATO AL PASSATO Leonardo Valentini, romano, classe 1995, con alle spalle una laurea in Scienze della Moda e del Costume alla Sapienza di Roma e un Master in Collection Design al Polimoda di Firenze, conscio che l’educazione è alla base della libertà di un creativo e pronto a trasgredire le regole che ha studiato. Quindi accanto ad una carriera da docente Valentini ha fondato nel 2021 un marchio, LEONARDOVALENTINI, che ad un’attitudine genderless unisce il chiaro intento di valorizzare il made in Italy e le sue eccellenze, collaborando con realtà artigianali e una manodopera specializzata, che assicura qualità al progetto. Accanto alla ricerca nel ricamo e all’uso di pellami pregiati, a una ricerca di stile che include arte e introspezione psicologica, c’è un chiaro spirito massimalista, rock e ribelle, ben rappresentato da un logo in cui due Cupido si baciano e al tempo stesso si feriscono a vicenda, simboleggiando l’equilibrio fra passione, attrazione e conflitto. Il designer celebra l’individualità e l’anticonformismo, a favore dell’espressione personale e del rifiuto di diktat imposti che limitino la libertà, nel nostro guardaroba e non solo. Abbiamo raggiunto Leonardo per farci raccontare meglio il suo progetto. Come sei arrivato alla moda e quando hai deciso di creare un marchio tuo? A quale figure si rivolge? Chi immagini vestito con i tuoi capi? Ho sempre avuto la moda nel mio DNA, disegnavo spesso capi di abbigliamento già da bambino ed ero sempre molto attento all’estetica, più che alla funzionalità delle cose, tanto da aver sempre mio padre che mi criticava per questo. Poi scegliere il ramo del design è stato grazie ad un negozio, quello di Roberto Cavalli, tanto da averlo voluto omaggiare nella mia ultima collezione s/s 2026. Da lì poi per gioco ho iniziato ad esprimere i miei pensieri con dei capi che sono diventati sempre più un concetto concreto che oggi tendiamo a chiamare brand, ma che amo definire progetto estetico. Con LEONARDOVALENTINI mi piace riportare un concetto di esclusività, perché l’inclusività nel rendere tutti uguali la trovo noiosa e ipocrita. Mi piace la nicchia, mi piacciono le persone speciali, con personalità e che abbiano le caratteristiche che collego all’estetica del progetto e cioè glamour wild e punk. Quali sono i tuoi amori al di là della moda e cosa è in grado di ispirarti? Quali altri mondi entrano nel tuo processo creativo? Quali i tuoi riferimenti estetici e i tuoi fashion Heroes? I miei amori al di là della moda sono i cupidi che rappresentano l’amore e che spesso vengono confusi con degli angeli. Loro sono anche il logo di tutto, si baciano trafiggendosi, quindi amore e morte. Poi ovviamente tutti i character della mia vita familiare a partire da mia nonna che è una vera rockstar nel vivere la sua vita. E poi ovviamente le grandi icone come Billy Idol, Steven Tyler, Ozzy Osbourne, Lenny Kravitz, Gerard Way, Sid Vicious e via dicendo. Ultimamente ho un ossessione per Yungblud e mi fa piacere perché è contemporaneo e non è vero che il tutto debba stare sempre e solo nel passato. Midnight in Paris è un film che questo concetto ce lo insegna molto bene. Cosa pensi il sistema moda potrebbe fare di più per i giovani designer? Penso che una Sala Bianca di Palazzo Pitti versione 2.0 potrebbe aiutarci. Ci vorrebbe un Giorgini del presente che scommetta su nuovi nomi. Sento “tante chiacchiere e distintivo”, come direbbe una mia amica, la grande Mariella Milani. Sempre più spesso concetti come eco friendly e no gender sono entrati nel percorso progettuale di stilisti e giovani creativi. Quanto sono importanti per te questo tipo di concetti? Trovo tutta la questione ecologica della moda una grandissima ipocrisia. Credo veramente ci si riempia spesso le bocche di inutilità. Produrre un capo realmente sostenibile ha dei costi molto elevati che a fatica riesce a sostenere una grande azienda, figuriamoci noi con tutte le difficoltà del caso. Lavoro la pelle, uno dei materiali che dura di più nel tempo (e se non è questo un concetto di sostenibilità…) e invece vedo spesso chi predica tutto questo indossare dei capi, dalla testa ai piedi, del fast fashion. Il mio concetto no gender invece fa parte da sempre del progetto senza doverlo sbandierare ad oltranza. Credo che davvero i taxi suonino quando sono vuoti! Ripensando al tuo percorso invece a chi senti di dover dire grazie? Chi è stato in grado di supportarti? Il mio team di lavoro si chiama sul gruppo whatsapp GRAZIE TEAM, e devo dire che sono spesso all’ombra, ma per me sono la vera luce del progetto. Prima di loro viene solo la mia famiglia che ci ha creduto prima ancora di me e poi Lineapelle con Fulvia, Eliana e Ivana che sono ormai famiglia e mi supportano con stima e affetto, ovviamente reciproco; poi i miei due assistenti Elena ed Edoardo che sono due angioletti, Luca della parte retail del brand, Serena e Noemi del mio press office di Milano e Rossano Giuppa che su Roma ha preso a cuore il progetto. Sinceramente spero di non aver dimenticato nessuno, ma se lo avessi fatto è implicito il mio grazie sempre. La gratitudine è un valore assai raro e con molta presunzione credo che i miei genitori me l’abbiamo trasmessa e fatta radicare molto in fondo. Che cos’è per te la bellezza e cosa è invece l’eleganza oggi? La bellezza è un concetto quasi oggettivo, l’eleganza è un modo di porsi che non saprei descrivere. Sinceramente mi interessano entrambe le parole, ma con una connotazione abbastanza rivisitata. Ad esempio un Achille Lauro anche del passato, con i suoi look anticonvenzionali era comunque di un’eleganza disarmante. O una Patty Pravo con il seno scoperto aveva una classe unica, una vibrazione che viene data da un linguaggio corporeo che credo sia innato. Ecco, a me interessa quel tipo di connotazione, e riguardo alla bellezza spesso un piccolo errore riesce anche a dare quella particolarità in più. E la passerella è ancora un punto di arrivo per un giovane designer? Penso proprio di sì, e credo che ancora sia l’unico strumento importante per comunicare uno storytelling di collezione. Poi è interessante notare l’evoluzione delle catwalk: un tempo non c’erano colonne sonore nelle sfilate, ad esempio. Comunque trovo importante la passerella per raccontare il mondo di un designer e, se dovessimo perdere anche questa tradizione, posso iniziare a spaventarmi sul serio! Progetti per il futuro e sogni che ti piacerebbe realizzare? Mi piacerebbe essere distribuito nel modo in cui il progetto merita, perché la qualità che è data dalle piccole e medie imprese che producono LEONARDOVALENTINI è di un livello eccellente. Made in Italy, e ci tengo a specificarlo. E poi vestire Billy Idol o Yungblud che hanno anche duettato recentemente insieme. Sarebbe davvero la mia fairytale da realizzare!
